L’anatomopatologo, il medico che dà il nome ai tumori

L’anatomopatologo, il medico che dà il nome ai tumori - immagine di copertina

Medicina personalizzata

Poco conosciuto fino a qualche anno fa, oggi l’anatomopatologo svolge una funzione chiave nel rendere concreta la promessa dell’oncologia personalizzata. Come ci spiega Filippo Fraggetta, presidente della Società italiana di anatomia patologica citologia diagnostica (Siapec-Iap)

Un playmaker, il giocatore che smista la palla e inventa il gioco. Questo è il ruolo dell’anatomopatologo, un medico poco conosciuto dai pazienti che però è fondamentale per dare il nome corretto al tumore e individuare così la terapia più adatta a ogni singolo malato. Ci spiega come Filippo Fraggetta, presidente della Società italiana di anatomia patologica citologia diagnostica (Siapec-Iap).

Dottor Fraggetta, qual è il ruolo dell’anatomopatologo nell’oncologia personalizzata?

“Un ruolo fondamentale. Analizzando cellule e tessuti siamo in grado di dare un nome alle malattie, interveniamo cioè nel definire correttamente la patologia e indirizziamo il trattamento e quindi la prognosi. La nostra disciplina nasce guardando alla morfologia delle cellule e ai parametri biologici del tumore; oggi a questo aggiungiamo la capacità di vedere ciò che a occhio nudo non si vede, di guardare nel genoma e – grazie alla next generation sequencing (NGS) – di studiarne le alterazioni. Facciamo un esempio. Di fronte a un sospetto carcinoma gastrico il nostro compito è quello di esaminare le lesioni per capire se si tratta di un tumore oppure no e, nel caso lo sia, andiamo alla ricerca dei marcatori – come Her2, PD-L1 o la presenza del virus Epstein Barr – che possono indicare agli oncologi la terapia più adatta per quel paziente”.

I servizi di anatomopatologia sono presenti in tutta Italia? Tutti i pazienti riescono ad accedere a questo servizio?

“Sì, le anatomie patologiche sono presenti in tutta Italia e il numero di strutture è sufficiente. A mancare sono piuttosto gli specialisti di anatomia patologica: circa il 50% dei posti nelle scuole di specializzazione va deserto ogni anno. Il numero degli anatomopatologi diminuisce a fronte di un aumento del numero di richieste e di competenze. Oggi il nostro mestiere richiede conoscenze specifiche e una grande capacità di relazionarsi con gli altri specialisti”.

Una delle competenze è quella di saper usare le tecnologie più innovative, come la NGS. Che vantaggio hanno i pazienti se possono accedere ai test eseguiti con questa tecnologia?

“Per analizzare il Dna in modo esteso ed esaustivo abbiamo bisogno di sequenziatori di ultima generazione. Nel tempo abbiamo scoperto che i geni coinvolti nello sviluppo dei tumori sono molti e NGS ci consente di analizzarne un gran numero senza perdere tempo, in questo modo risparmiamo e forniamo all’oncologo tutte le informazioni di cui ha bisogno. L’Italia ha il più alto numero di macchine NGS in Europa, ma abbiamo pochi specialisti in grado di farle funzionare. Come se avessimo tante Ferrari e fossimo obbligati a tenerle chiuse nei garage per mancanza di benzina. Sono ferme perché mancano le competenze per usarle. Una situazione che sta cambiando piano piano ma è necessario che le Reti NGS che abbiamo creato funzionino al meglio, così da coprire capillarmente il territorio. Vogliamo impegnarci a garantire l’accessibilità al test ai pazienti: nel caso in cui il centro con la macchina NGS non fosse vicino al paziente dovremmo far girare il tessuto e non le persone. Vogliamo fortemente che il termine ‘personalizzata’ significhi prima di tutto ‘per la persona’”.

Quali prospettive future per l'anatomopatologia nella cura dei tumori?

“Negli ultimi anni abbiamo cambiato pelle: oggi siamo parte dell’equipe multidisciplinare e siamo più a contatto con i pazienti. Per farlo al meglio dobbiamo imparare a comunicare e parlare con un linguaggio comprensibile. Uno dei nostri impegni è quello di creare un report standard che contenga tutte le informazioni relative agli esami da noi condotti che sia leggibile per tutti e possa essere inserito nel fascicolo sanitario elettronico. Così da essere sempre più vicini ai pazienti”.

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