Tumore al pancreas

È una neoplasia particolarmente aggressiva e la sua incidenza è molto aumentata negli anni: è, infatti, tra i tumori più in crescita in entrambi i generi (+3% nella popolazione maschile e +3,4% in quella femminile), soprattutto dopo i 70 anni di età. A differenza della maggior parte dei tumori, inoltre, la sua mortalità non è in calo, ma risulta pressoché stabile: attualmente, i tumori del pancreas rappresentano la quarta causa di morte oncologica. Questo si deve al fatto che al momento della diagnosi solo il 20% dei casi può essere operato con intento curativo (malattia resecabile), mentre nel restante 80% il tumore è già in fase localmente avanzata o metastatica. Ci si ammala di più al Nord rispetto al Centro e al Sud, e nel 2020 sono stati stimati oltre 14.200 nuovi casi (circa 6.800 uomini e 7.400 donne)1. Il fumo di sigaretta è il fattore di rischio principale per lo sviluppo di questo tumore, ma anche obesità, scarsa attività fisica e consumo di alcol sono associate a un maggior rischio. Esistono anche fattori genetici che predispongono al rischio: è possibile individuare una familiarità nel 10% dei pazienti2, che in diversi casi è associata alla presenza di mutazioni ereditarie nei geni BRCA1 e BRCA2. In uno studio recente, sono state riscontrate nel 9,1% dei pazienti con tumore del pancreas metastatico3.

Le mutazioni coinvolte

A seconda delle sue caratteristiche molecolari, il tumore del pancreas può “comportarsi” in maniera diversa e avere prognosi differenti. Negli ultimi anni abbiamo cominciato a conoscerle grazie alla profilazione del genoma. Molto, però, rimane da comprendere e l’oncologia di precisione è ancora riservata a una piccola percentuale di casi nella pratica clinica. Le mutazioni più studiate e per le quali oggi possono essere impiegate terapie mirate sono quelle germinali (ereditabili) dei geni BRCA1 e BRCA24. Esistono poi altre mutazioni che saranno sempre più utilizzate in un approccio chiamato “agnostico”, in cui si utilizzano farmaci mirati approvati per tali mutazioni, indipendentemente dall’organo in cui si presenta il tumore.

La maggior parte delle alterazioni “bersaglio” sono coinvolte nella riparazione del DNA (DDR), per esempio ROS1, i geni di fusione NTRK1, NTRK2 e NTRK3, e i geni MMR (MisMatc Repair). Queste alterazioni sono anche coinvolte in quella che i medici chiamano “instabilità dei microsatelliti” e per la quale l’immunoterapia può portare dei benefici. I geni coinvolti nello sviluppo della malattia e che risultano più frequentemente mutati, invece, sono KRAS (77%), CDKN2A (63%), TP53 (22%), SMAD4 (16%5). Ci sono, poi, alcune evidenze secondo cui i pazienti con la mutazione BRAF V600 possano beneficiare di farmaci mirati già utilizzati in altri tumori6. Sono in corso ampi studi, anche in Italia, per valutare l’efficacia dell’approccio agnostico, che rappresentano un’importante opportunità per i pazienti.

La presa in carico

Non solo le terapie: anche un’attenzione maggiore alle esigenze del paziente può migliorare la prognosi e, soprattutto, la qualità di vita. Uno studio australiano, per esempio, ha testato la fattibilità e l’impatto di un protocollo di counseling per affiancare, da remoto, infermieri specializzati ai pazienti. Un aspetto particolarmente importante per chi ha un tumore del pancreas è quello della nutrizione e dello stile di vita: spesso i pazienti sono spaventati ed evitano persino di uscire di casa, mentre è consigliato, quando possibile, mantenersi fisicamente attivi. Il supporto psiconcologico, infine, resta un caposaldo della presa in carico e dovrebbe essere assicurato in tutti i centri oncologici.

1. AIOM-AIRTUM, I numeri del cancro 2020

2. AIOM, Linee guida Carcinoma del pancreas esocrino, 2020

3. U. Peretti et. al., Esmo Open, DOI: https://doi.org/10.1016/j.esmoop.2020.100032

4. Pishvajan M.J. et al, Lancet Oncol. 2020 Apr; 21(4): 508–518.

5. Hu, Hf., Ye, Z., Qin, Y. et al. Mutations in key driver genes of pancreatic cancer: molecularly targeted therapies and other clinical implications. Acta Pharmacol Sin (2021). https://doi.org/10.1038/s41401-020-00584-2

6. Pishvajan M.J. et al, Lancet Oncol. 2020 Apr; 21(4): 508–518

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