Il ruolo dell’anatomopatologo: chi è e perché è essenziale nella medicina personalizzata

Il ruolo dell’anatomopatologo: chi è e perché è essenziale nella medicina personalizzata - immagine di copertina

Medicina personalizzata

Intervista alla Prof.ssa Anna Sapino, Direttore scientifico presso FONDAZIONE DEL PIEMONTE PER L'ONCOLOGIA (FPO- IRCCS)

Cosa fa l'anatomopatologo?

Fornisce l'identikit del tumore che permette di personalizzare le cure. Una figura professionale che si è evoluta rapidamente nel corso degli ultimi anni.

Come è cambiato il ruolo dell'anatomopatologo nel corso degli ultimi decenni?

Ho iniziato la professione di anatomopatologo 40 anni orsono. La diagnosi era molte volte prodotta in forma di “prosa”, dove ognuno poteva esprimere i punti che riteneva più importanti e molte volte era una descrizione di cosa il patologo vedeva al microscopio. Poi piano piano si è passati ad un referto sempre più strutturato sulle esigenze del clinico e di conseguenza sulle fasi di diagnosi e cura del paziente. Eravamo anche agli albori dell’innovazione tecnologica nei laboratori di anatomia patologica. I primi immunocoloratori per le analisi di marcatori tumorali sui tessuti risalgono circa alla fine degli anni ’80.  Gradatamente si è poi inserita come diagnostica fondamentale per i tumori anche l’analisi molecolare delle alterazioni geniche. Dallo studio della singola mutazione con sequenziatori a bassa processività si è arrivati a strumenti di Next Generation Sequencing che con kit appropriati possono esaminare centinaia di geni, sino a tutto il genoma umano. Tuttavia, in questo cambiamento rimane salda e per ora non risolvibile la capacità di interpretare i quadri istopatologici che, seppur identificativi di una stessa lesione, sono estremamente variabili tra un paziente e l’altro. L’intelligenza artificiale applicata alla diagnosi su immagini digitali sarà la nuova frontiera.

Qual è il ruolo dell’anatomopatologia nell’era della medicina personalizzata?

Il ruolo dell’anatomopatologo è diventato centrale in tutte le fasi del percorso diagnostico e terapeutico. Si parte dal concetto che le indagini che eseguiamo sulle lesioni tumorali sono da sempre personalizzate, perché ogni tumore è diverso. Ma negli ultimi 20 anni c’è stato un forte aumento della richiesta di indagini anatomopatologiche, dovuta all’arrivo di terapie mirate. Ogni referto anatomopatologico deve riportare le caratteristiche biologiche del campione analizzato - citologiche (delle cellule), istologiche (del tessuto) e molecolari - che permettano di personalizzare la cura.

Anche la chirurgia viene personalizzata grazie all’aiuto dell’anatomopatologo: sulla base di caratteristiche tumorali definite dalle immagini radiologiche e dalle analisi anatomopatologiche (istologiche e citologiche) della biopsia, è possibile dare indicazioni in tempo reale, durante l’intervento stesso, e orientare il tipo di chirurgia.

Con la crescente diffusione della chirurgia robotica, il connubio tra il chirurgo, l’anatomopatologo e il radiologo è imprescindibile. Gli interventi devono essere il meno demolitivi possibile: basti pensare all’impatto dell’intervento demolitivo per un tumore del cavo orale per rendersene conto.

Quindi l’interdisciplinarietà è essenziale nella medicina personalizzata?

L’interdisciplinarietà è irrinunciabile se si vuole fare davvero medicina personalizzata. L’anatomopatologo si interfaccia con tutti gli specialisti sia in fase pre-operatoria che post-operatoria: con gli endoscopisti, i ginecologi e i radiologi in fase di screening e nella fase diagnostica pre-operatoria, perché il tipo di crescita, le dimensioni radiologiche di una lesione danno già informazioni importanti, e qualora venga eseguita una biopsia sotto guida di imaging, l’anatomo patologo interviene per verificare in tempo reale l’idoneità del prelievo del materiale da analizzare. Con il chirurgo sicuramente vi è una condivisione del referto anatomopatologico che scaturisce dall’analisi del pezzo operatorio, ma può esserci un approccio anche in fase intra-operatoria, per esempio per guidare durante l’escissione di un tumore.  Poi con l’oncologo, per attuare tutte le analisi (immunoistochimiche e molecolari) utili a trattare un paziente. Il patologo è una figura chiave anche in caso di trapianti, dove avviene un confronto continuo per valutare se il tessuto è idoneo e il rischio di rigetto. L’impegno degli anatomopatologi è a 360 gradi.

Quali sono le sfide della medicina personalizzata nel vostro campo?

In questo momento l’opinione pubblica è molto focalizzata sulle terapie innovative e noi abbiamo l’obbligo di garantire l’accesso corretto a questi farmaci. Ciò implica il coinvolgimento di nuove figure professionali: le analisi massive di Next Generation Sequencing (NGS) impongono la presenza di bioinformatici in grado di leggere i milioni di dati che vengono generati. Se non si ha un sistema bioinformatico adeguato è difficile trovare le informazioni utili. Si tratta di un tipo di indagine molto più complessa di quella che conduciamo quotidianamente.

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