Storie uniche. Il percorso di Isabella

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Storie uniche

Isabella Frigo, Associazione IPOP - Insieme per i Pazienti di Oncologia Polmonare

“La mia storia di malattia è cominciata nel 2014, quando ho ricevuto la diagnosi di adenocarcinoma polmonare multifocale e bilaterale al quarto stadio. Proprio a causa di queste caratteristiche, il mio era un tumore inoperabile. L’oncologo mi aveva però inviato a effettuare i test genetici per individuare eventuali mutazioni. Un prelievo di tessuto polmonare, i test genetici per diverse tipologie di mutazione, e alla fine l’intuizione dello specialista si era rivelata corretta: avevo una mutazione del gene EGFR (il recettore del fattore di crescita dell’epidermide), mutazione comune soprattutto nei pazienti non fumatori come nel mio caso. Così, a meno di un mese dalla diagnosi, ho ricevuto indicazioni sulla terapia: un trattamento di prima linea con un farmaco molecolare mirato per questa specifica mutazione.

Così è iniziato il mio incontro con la medicina personalizzata. E posso dire di avere avuto fortuna, per tanti motivi. In primo luogo, perché per la mia mutazione era disponibile una terapia specifica, un farmaco ad hoc che ha mostrato immediatamente tutta la sua efficacia, con un decisivo miglioramento e una riduzione notevole del tumore, evidenziata dalla prima TAC fatta a sei mesi dall’inizio della terapia.

Il secondo fattore importante è la disponibilità di un centro di eccellenza nella città in cui abito, Milano, dove ottenere diagnosi rapide e precise e dove poter eseguire in sicurezza test e trattamenti. So bene che questa è una condizione non così comune tra i pazienti, che spesso sono costretti a spostarsi da altre città, a volte addirittura da altre Regioni, per raggiungere strutture di eccellenza che altrimenti non sarebbero disponibili nelle vicinanze. Lo vediamo anche all’interno della nostra Associazione: pazienti che devono fare lunghi viaggi da diverse parti dell’Italia per ricevere le informazioni e le cure necessarie.

Ecco perché il supporto delle associazioni di pazienti è importante. È grazie all’aiuto dei volontari se anche chi arriva da lontano riesce a orientarsi e a ricevere il supporto di cui ha bisogno: un posto dove alloggiare, per esempio, che grazie all’aiuto delle reti dei pazienti diventa più facile da trovare, a prezzi modici o addirittura gratuitamente. Ma non solo. Le associazioni possono fare tanto anche a livello informativo. Poter parlare con altri pazienti rispetto ad eventi avversi che si possono verificare nel corso del trattamento, condividere grandi paure e piccoli progressi, ricevere consigli su terapie di supporto per alleggerire gli effetti secondari della cura, ci fanno sentire meno soli e possono rendere il percorso terapeutico meno pesante.

Nella mia esperienza di malattia, naturalmente, ho trovato anche alcune criticità. Nella presa in carico è previsto un supporto psicologico, che tuttavia si attiva solo se viene richiesto. Un aspetto che alcuni pazienti possono non conoscere o non ritenere rilevante, perdendo così uno strumento prezioso. Soprattutto, non sempre viene riservata la giusta attenzione agli eventi avversi che possono insorgere: personalmente ho dovuto rivolgermi a uno specialista (un dermatologo, ma poteva essere un oculista o un altro specialista) al di fuori dell’istituto di cura, perché non potevo fare riferimento a un team multidisciplinare dell’ospedale.

Cosa resta dunque da fare per garantire a tutti l’accesso alla medicina personalizzata, facendo in modo che il paziente si senta effettivamente al centro di una relazione di cura? La mia storia dice innanzitutto che è necessaria prontezza nell’incanalare il paziente all’interno di un percorso di precisione. È importante che il medico invii rapidamente all’esecuzione di test genetici, e questo però implica che i test siano alla portata di tutti. Un’altra criticità riguarda la disponibilità dei farmaci, necessari per garantire a tutti la fruizione di una cura personalizzata.

Qualche anno fa ho avuto una progressione della malattia, e il test genetico ha individuato una mutazione della mutazione. Di conseguenza ho avuto bisogno di un altro farmaco, che per fortuna era in commercio da un paio di mesi. Se non avessi avuto a disposizione questa alternativa, le cose non sarebbero andate come sono andate. Per questo è fondamentale la tempestività nell’approvazione dei farmaci: una riduzione dei tempi che abbiamo visto per il COVID-19 e che mi auguro avvenga anche per i nuovi antitumorali”.

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della medicina personalizzata in oncologia

Ogni storia è unica.
Da questa consapevolezza nasce l’idea di mettere nero su bianco limiti, raccomandazioni e prospettive dell’oncologia di precisione. Un’idea embrionale che ha dato vita al primo Libro Bianco della medicina personalizzata in oncologia, un punto cruciale nel processo di creazione di percorsi di informazione e di accesso chiari, condivisi ed equi.

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