Si sente parlare molto spesso dell’importanza di mettere il paziente al centro della cura. Anche nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza il concetto di One Health, che esprime esattamente questa visione, ha grande rilievo. Ma cosa vuol dire, concretamente? Per chiunque sia stato paziente almeno una volta nella vita, la risposta è ovvia: significa rendere la persona, e il suo benessere, il “sole” attorno cui dovrebbe ruotare tutto il sistema di cura. Che dovrebbe essere tanto efficiente quanto umano. Per quale altro motivo esisterebbero la medicina e la sanità se non per rispondere alle necessità di chi deve essere curato?

Per cura, però, non si intendono solo gli strumenti con cui opera la medicina, e cioè gli esami diagnostici sempre più sofisticati e tecnologici, la chirurgia sempre più precisa e sempre meno invasiva, la farmacologia sempre più mirata, efficace e tollerabile. Ben vengano i tanti progressi della scienza a cui stiamo assistendo, purché la cura di precisione sia intesa come un prendersi cura “ad personam”, che tenga conto di ogni singolo individuo nella sua interezza e unicità: della sua genetica, della storia, del contesto socio-culturale in cui vive, delle sue aspettative, dei suoi desideri, delle sue priorità e delle sue necessità.

Sembra scontato e banale, ma in realtà è un immenso cambio di paradigma, in cui la medicina, a partire dall’oncologia, è chiamata a occuparsi non solo della malattia e dell’organo colpito (come è stato in passato), ma della salute e della qualità di vita del malato. E in cui i sanitari si rapportano ai pazienti come a “pari”, ponendo le basi concrete per un’alleanza. Ognuno di noi possiede delle caratteristiche che possono essere “sfruttate” dai curanti e valorizzate all’interno del percorso terapeutico.

In questo nuovo scenario, il paziente e i suoi familiari devono poter essere sempre informati dei propri diritti e delle possibilità di accesso alle cure, e coinvolti attivamente. Le istituzioni hanno quindi un ruolo molto importante nell'aumentare la consapevolezza dei pazienti, quella che chiamiamo awareness. Perché questo avvenga è necessario poter contare su figure socio-sanitarie adeguatamente formate, e un aiuto prezioso può arrivare dall’esperienza e dal lavoro svolto dalle Associazioni pazienti, che da sempre supportano lo Stato e le Regioni per far sì che nessun cittadino si senta lasciato solo.

Cosa occorre perché il paziente diventi davvero e finalmente il centro? Forse recuperare dal passato il concetto olistico di medicina e reinterpretato alla luce delle nuove conoscenze, grazie all’aiuto della scienza dei dati e della digitalizzazione. L’obiettivo dovrebbe essere lo stesso per tutti: realizzare percorsi completi di presa in carico all’interno dei centri di oncologia di alto livello, che lavorino in rete e distribuiti in modo uniforme su tutto il territorio; assicurare, quando possibile, l’opportunità di partecipare agli studi clinici, assicurare, quando necessari, la possibilità di accedere ai test genetici e genomici in tempi rapidi; velocizzare i tempi di approvazione dei farmaci innovativi; strutturare équipe multidisciplinari che possano gestire tanto la malattia quanto gli effetti avversi delle terapie; prevedere sostegni psicologici e sociali. In poche parole, dare vita a un sistema sanitario in grado di assicurare a tutti la stessa dignità di persone.