Tumore al seno

È la neoplasia più frequente in assoluto e tra le donne di ogni fascia di età. Rappresenta, infatti, il 14,6% dei nuovi tumori diagnosticati in tutta la popolazione e il 30,3% di quelli diagnosticati nella popolazione femminile1. Nel 2020 sono stati stimati circa 55 mila casi nel nostro Paese e l’incidenza è in aumento, probabilmente come conseguenza dell’estensione della fascia d’età sottoposta a screening in diverse Regioni e della maggiore consapevolezza delle donne in caso di sintomi sospetti. Il carcinoma della mammella ha fatto da apripista nella medicina personalizzata: sappiamo da tempo che questa non è una sola malattia e che, dal punto di vista molecolare, se ne possono distinguere diversi “tipi” che richiedono di essere trattati con farmaci specifici. Negli ultimi anni, inoltre, gli avanzamenti della genomica hanno permesso di individuare nuove mutazioni e biomarcatori che stanno ampliando e migliorando ulteriormente le possibilità di cura.
I Centri di Senologia Interdisciplinari (DM70) sono il riferimento, oltre che per gli uomini con cancro al seno, anche per le donne sane portatrici di mutazione genetica BRCA 1 e 2 che le espone a un maggior rischio di poter contrarre il carcinoma della mammella e quello ovarico (oltre a pancreas e prostata per gli uomini). Solo alcune regioni hanno finora autonomamente deliberato per un percorso terapeutico in tal senso (PDTA).

Le caratteristiche molecolari e le mutazioni

La caratterizzazione molecolare del tumore al seno è una parte imprescindibile della diagnosi. Sulla base di questa analisi è infatti possibile distinguere tumori ormono-responsivi (HR+), HER2 positivi e “triplo negativi” e stabilire le terapie più indicate caso per caso.
Nei tumori HR+, che sono la maggior parte (circa i 2/3)2, le cellule tumorali presentano sulla loro superficie i recettori per gli ormoni femminili (estrogeni, ER+ e/o progesterone, PR+): questo significa che il tumore cresce stimolato dalla presenza di tali ormoni nell’organismo. Il risvolto positivo è che più elevati sono i livelli dei recettori e maggiore è la probabilità che il tumore risponda ai trattamenti endocrini3. Alcuni di questi farmaci agiscono a monte, riducendo i livelli di ormoni, altri a valle, impedendo il legame tra ormoni e recettori4.
Per chi ha un tumore ormono-sensibile (HR+, HER2-) avanzato, inoltre, esistono farmaci mirati, diretti contro particolari proteine chiamate chinasi ciclino-dipendenti (CDK 4,6).

I tumori HER2+ (circa il 20% dei casi)5 presentano livelli elevati di un altro tipo di recettori, detti recettori di tipo 2 del fattore di crescita dell’epidermide (EGFR). La presenza di HER2 è considerato un fattore prognostico negativo, ma negli ultimi 20 anni la storia clinica di questi tumori è cambiata radicalmente, grazie allo sviluppo di terapie mirate anti-HER2.

L’ultima categoria è quella dei tumori triplo negativi che, come dice il nome, non esprimono nessuno dei precedenti tre recettori e che rappresentano il 15-20% dei casi6. Se la malattia è in stadio iniziale il trattamento si basa ancora oggi sulla chemioterapia, ma il panorama sta cambiando grazie all’identificazione di nuovi “bersagli molecolari”. In particolare, per i pazienti con tumori triplo negativi avanzati in cui sia espressa la proteina PD-L1, oggi è possibile impiegare l’immunoterapia.
Anche le mutazioni di tre geni sono molto importanti ai fini della scelta terapeutica: quelle di BRCA1 e BRCA2 e quelle di PIK3CA. Per chi ha un tumore avanzato triplo negativo e presenta mutazioni germinali (ossia trasmissibili da genitori a figli) nei geni BRCA 1 o 2, è possibile impiegare farmaci mirati chiamati PARP-inibitori; per chi ha un tumore ormono-sensibile (HR+, HER2-) avanzato e mutazioni somatiche (non trasmissibili) nel gene PIK3CA, sono stati sviluppati farmaci mirati anti-PIK3CA.

La presa in carico

Il concetto di cura del tumore al seno è molto cambiato negli ultimi anni, a partire dalla consapevolezza delle pazienti di quanto sia importante rivolgersi a un Centro di senologia che garantisca l’approccio multidisciplinare, l’eventuale accesso agli studi clinici e la presa in carico a 360 gradi. Personalizzare la cura, infatti, vuol dire tenere anche conto della sfera psicologica e dei bisogni personali, familiari e lavorativi. Per le pazienti in età fertile, per esempio, è importante poter ricevere informazioni sulla preservazione della fertilità e poter accedere tempestivamente, se lo desiderano, al servizio di onco-fertilità. Per le pazienti anziane invece è fondamentale poter contare sul supporto di un geriatra. Molti altri servizi sono oggi considerati tutt’altro che secondari: dall’aspetto nutrizionale durante la chemioterapia a quello psiconcologico, dalla riabilitazione post-intervento ai corsi di attività fisica. Ultimo, ma non per importanza, le terapie possono avere un impatto importante sulla sessualità, che deve poter essere discusso con i medici e affrontato. Inoltre le pazienti portatrici di mutazioni geniche legate ad un aumentato rischio di sviluppare la neoplasia, anche se in giovane età, potrebbero trovare nel contesto della B.U. il supporto di genetisti e psicologi per il percorso di sorveglianza/diagnosi precoce, trattamenti preventivi invasivi ed in generale per implementare la prevenzione primaria, di fondamentale importanza in questi casi.

1. AIOM-AIRTUM “I numeri del cancro in Italia” 2020.
2. American Cancer Society (www.cancer.org/cancer/breast-cancer/treatment/hormone-therapy-for-breast-cancer.html #references; ultimo accesso: marzo 2021).
3. AIOM Linee Guida Neoplasie della Mammella, 2020
4. American Cancer Society (www.cancer.org/cancer/breast-cancer/treatment/hormone-therapy-for-breast-cancer.html #references; ultimo accesso: marzo 2021).
5. ESMO Guide per il paziente – Cancro della mammella (www.esmo.org/content/download/79762/1460921/1/IT-Cancro-della-Mammella-Guida-per-la-Paziente.pdf, ultimo accesso aprile 2021).
6. Yao H et al. Triple-negative breast cancer: is there a treatment on the horizon? Oncotarget. 2017;8(1):1913-1924.

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